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Patù

Dalla distruzione della città di Vereto, sul finire del IX secolo ad opera dei Mori, nacquero molti casali nel Capo di Leuca, popolati dalle genti in fuga dalle terribili distruzioni di Vereto.Fra questi, Patù e Barbarano, il cui antico nome pare sia stato “Vorano”. Infatti, probabilmente, i Veretini, colpiti dallo spettacolo veramente unico che offriva la terra di Barbarano, mostrando allo sguardo le proprie viscere, cioè le caratteristiche “vore”, in ossequio a questa particolare morfologia del luogo, coniarono il nome “Vorano”, e qui intendevano ricostruire le proprie case, cominciando una nuova vita. Ma lo storico Giacomo Arditi dice che il vero nome di questo casale era Barbarano fin dall’inizio, in quanto i pochi fortunati fuggiaschi veretini lo vollero chiamare così per indicare ai posteri che sorse per causa dei Barbari. “Barbarano”, quindi, da “Barbari”: i suoi fondatori lo vollero improntare di un amaro e perpetuo ricordo dell’opera nefasta della invasione barbarica, che li cacciò dalla terra natale e li costrinse a rifugiarsi in questo luogo. Un toponimo spiritualmente imposto in conseguenza di un evento storico di catastrofiche proporzioni, la distruzione di Vereto, come, per altro, accadde con Patù, il cui nome, dal greco “pathos”, “patimento, compassione”, è insieme testimonianza e ricordo di un dolore che aveva spezzato il cuore degli esuli veretini. Altri studiosi, come Giovanni Flechia, fanno risalire Barbarano al latino “Barbaranium”, dal nome del patrizio romano Barbarius, che avrebbe fondato questo casale. Così anche il Tasselli dice che, quasi tutti questi paesi del Capo di Leuca, che finiscono in “ano”, erano ville di soldati o centurioni romani, che presidiavano queste zone (ad esempio, Giuliano da Giulio, Castrignano da Castrinio, Ruffano da Ruffo, Taurisano da Tauro, e così via.). Inutile dire che questa, della derivazione dei toponimi dai centurioni romani, è la soluzione più facile e veloce, creata dalla comodità degli storici municipali.Ma veniamo a quella che è la principale attrattiva di Barbarano, le sue “Vore”, meraviglioso fenomeno naturale di cui si sono interessati autorevoli studiosi, come il Giustiniani, che cautamente attribuì l’origine delle due Vore a movimenti tellurici di natura sismica, e lo stesso Arditi, che ritenne le Vore probabilmente artefatte per ricevere ed assorbire le acque torrenziali. Lo studioso Cesare Daquino, già sindaco di Morciano, di cui Barbarano è frazione, nel suo libro “Barbarano” (Capone Editore 1989), racconta che molte sono le leggende fiorite nel tempo sulle vore, e sono proprio queste che attirano la nostra attenzione e ci affascinano. Un’ antica leggenda, tramandata di bocca in bocca dalla locale popolazione, identifica le due vore come vulcani spentisi in tempi assai remoti. Vincenzo Manghisi, nel raccogliere le leggende create dal popolo e legate al misterioso mondo delle grotte, a proposito della “Vora grande” e “Vora piccola” di Barbarano, riporta la leggenda più suggestiva, intessuta sullo sfondo storico delle incursioni dei Turchi contro Salve nel 1480 e successivamente nel 1537 e nel 1547.Spinta dalla fede cristiana, Salve riusciva a difendersi e a tenere testa agli infedeli.Ma il diavolo, per vendicarsi di tanto coraggio e di tanta fierezza, aprì due voragini nel suolo, da cui provenivano boati spaventosi, ghigni, risa sardoniche ed urla infernali, con l’intento di spaventare gli abitanti di Salve.Per nulla intimoriti i cristiani destinarono le voragini a tutt’altro uso: a dispetto del diavolo, gettarono nelle due vore tutti i cadaveri dei corsari. Lucifero, furente, avrebbe voluto prendersi una rivincita, ma non l’ottenne. I cristiani furono così vincitori sull’inferno, ma c’è sempre una minaccia, cioè quella che le vore attirino i cristiani e li inghiottano. Per questo, gli abitanti di Salve, per preservarsi dall’influsso malefico di Satana, si segnano sempre con la croce quando passano dinnanzi ai due abissi, oppure toccano in tasca qualcosa di sacro. L’altro importante monumento di Barbarano è il complesso monumentale di Santa Maria di Leuca del Belvedere, comunemente noto come “Leuca Piccola”, meta ininterrotta di pellegrinaggi da tutto il Salento e non solo, che costituiva, nell’antichità, una tappa fondamentale nell’antica Via della Perdonanza, che dalla Francia portava i pellegrini penitenti fino a Leuca. Barbarano era l’ultima tappa prima di arrivare a Santa Maria Di Leuca e, a partire dal Settecento, quando l’opera fu terminata, Leuca Piccola divenne un centro polifunzionale che dava ospitalità ai visitatori i quali potevano ristorarsi, mangiando, bevendo e dormendo, prima di riprendere il cammino alla volta di uno dei più celebri santuari mariani dell’antichità, cioè Santa Maria De Finibus Terrae. da: L’ORA DEL SALENTO
Superficie:  -
Abitanti:  -
Denominazione abitanti: patusei
Cap: 73053 -
Prefisso: 0833 -
Altitudine
Web
Codice Catasto:  - Codice comune: G378 - Codice Istat: 75060 
Municipio :  -
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Ufficio Postale:  -
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